
Marco Mantua Benavides (1489-1582) fu il più illustre esponente della sua famiglia di origini spagnole trasferitasi a Mantova (da cui prese il nome “Mantua”) e poi a Padova dove fu iscritta tra le famiglie più nobili e più ricche nella mercatura della lana. Infatti nella chiesa degli Eremitani in Padova si ammira il grandioso mausoleo che egli stesso, ancora vivente, si fece costruire nel 1546. L’ epigrafe posta sulla tomba e i molti elogi scritti su di lui lo celebrano giureconsulto tra i più illustri del suo tempo, letterato ed umanista coltissimo, e uomo tra i più eminenti e prestigiosi della nobiltà padovana del ‘500.
Nella sua novella “L’Heremita”, pubblicata nel 1521, ci porta nel cuore dei Colli Euganei dove egli possedeva una “abbondevole e fruttifera vignetta” con casa rustica. Egli la descrive come un “desiato luogo” per serenità e bellezza per riposarsi dalle gravose fatiche dell’insegnamento nell’Università. Su questo rustico posto su un terrapieno addossato alla strada che porta alla chiesa di Valle San Giorgio, gli storici veneti, Brunelli e Callegari, sostengono che gli eredi dei Mantova, verso la fine del ‘500 abbiano voluto progettare ed erigere la loro villa sui Colli, degna del loro illustre casato.
I Mantua Benavides vi villeggiarono nei secoli XVII e XVIII ospitando illustri personaggi che vi ricevevano generosa accoglienza. Qui trovarono alloggio i vescovi in visita alla parrocchia con il loro seguito: nel 1747 il Cardinale Rezzonico (poi Papa Clemente XIII) e il Vescovo Giustiniani che, estintasi nel 1762 la casa dei Mantua, ottenne in affitto la Villa come casa canonica. Da allora le sorti della Villa si legarono per sempre alla Parrocchia. Ai primi dell’800, dopo varie peripezie, il Comune di Baone acquistò Villa Mantua Benavides.
Perduta la sua nobile ed aristocratica destinazione, la Villa subì l’inevitabile degrado causato sia dal tempo che dal lungo uso pubblico a cui era stata adibita. Fu redatto un progetto nel 1941 senza esito. Nel 1964 con mezzi dell’Ente Ville Venete venne attuata una sistemazione e revisione del piano nobile dando alla Villa un po’ di quel lustro che aveva perduto per il tempo e l’incuria. Nel 1994 con fondi finalizzati della Comunità Europea, dello Stato Italiano e del Comune di Baone iniziò il restauro, completato nel 1996 che ha ridato alla villa l’antico splendore e adattato i suoi spazi all’uso pubblico.
L’AREA DI VALLE SAN GIORGIO
Il nome attribuito alla località è d’origine recente, essendo nato dalla fusione di Valle con il santo dell’omonima parrocchiale, il cui edificio sacro fa da quinta, scenografica e storica, alla nobile dimora di Villa Mantua Benavides. L’area fu per secoli soggetta al monastero, con il suo abate, della Vangadizza (Badia Polesine) e alla famiglia da Baone a cui va ricondotta quella donna Daria, figlia di Alberto da Baone, divenuta eroica figura femminile per aver sfidato nel 1250 la ferocia omicida di Ezzelino da Romano, raccogliendo coraggiosamente le spoglie massacrate di un congiunto, Guglielmo da Camposampiero, per deporle nel sepolcro di piazza del Santo.
La storia di villa Mantua Benavides affonda le proprie radici nel XV secolo, epoca in cui nella zona collinare di Valle troviamo, accanto a numerosi, frammentari, fazzoletti di terra detenuti dai residenti, l’attiva presenza di potenti famiglie padovane. Dalla lettura degli atti notarili che interessano l’intera zona emerge la figura di Stefano de Gaiardi, gastaldo per l’amministrazione delle proprietà Buzzacanini a Valle San Giorgio: è questi infatti ad abitare parte del complesso che diverrà, sul finire del XVII secolo, villa Torta e, dal 1711, Mantua Benavides.
Allo scadere del XVI secolo i fratelli Buzzacarini detengono nella zona complessivamente una frazionata superficie di terra dell’estensione di circa cento campi padovani. Ma un’altra famiglia padovana di origine spagnole, i Mantua Benavides, denunciano agli estimatori cittadini beni immobili di vario genere posti nella giurisdizione territoriale di Valle. L’esponente di maggior spicco dell’intero casato resta quel Marco Mantua Benavides (1489-1582) professore dell’Università di Padova ed esperto giureconsulto. Nella sua novella “L’Heremita, overo della Predestinatione”, dato alle stampe nel 1525 a Venezia, cita un podere in contrà della Chiesa.
Nel contesto sociale ed economico sin qui descritto si colloca l’edificio civile di maggior spicco di Valle San Giorgio, cioè villa Mantua Benavides. Dall’analisi della documentazione è possibile tentare una ricostruzione del suo assetto architettonico e della sua trasformazione nel corso del tempo profondamente condizionata dalla presenza di Carlo Torta. Titolare dell’intero immobile, celibe, e in possesso di una discreta liquidità, il cancelliere dell’Università destina all’antica casa dei Buzzacarini tutte le sue amorevoli attenzioni. Negli anni compresi tra il 1680 e il 1711, il solido fabbricato a pianta rettangolare, piantato a nord sullo sperone roccioso, viene ristrutturato e ampliato.
Viene dotato di loggiati sui tre fronti, con sviluppi e soluzioni diverse anche per la presenza di uno strapiombo all’angolo sud-est, e recuperato nei corpi più antichi quali la graziosa colombara dalla scala a chiocciola. Il culto di Carlo Torta per il mondo classico, la sua passione nell’accogliere le antiche lapidi romane (per sua volontà testamentaria finite tutte nel Museo Silvestri di Rovigo, dove ancora si conservano), l’amore per gli strumenti musicali, l’attenzione al collezionismo di medaglie, ben spiegano le reminescenze classiche delle chiavi di volta a teste sporgenti, che chiudono gli archi dei loggiati, e l’adozione di merlature sul profilo estremo delle murature perimetrali.
A completamento dell’edificio il cancelliere dell’Università fece costruire una scenografica scalinata che dalla sottostante strada pubblica saliva al centro dell’edificio: scalinata purtroppo demolita agli inizi del Ventesimo secolo, dopo che l’edificio nel 1862 venne scorporato dall’ampio pendio di quasi quattro campi padovani (oltre 15.000 mq) antistante il lato meridionale. L’edificio ancora oggi mantiene inalterata la classica struttura a pianta rettangolare, ripartita su tre piani (terra, nobile, granaio) con due appendici: una sul fianco nord-est, posta a quote diverse, e una su quello nordovest, in corrispondenza della colombara con torretta scalare di forma cilindrica.
Dal lato della chiesa di Valle (cioè il prospetto nord) la costruzione ci appare ad un piano, preceduto da un cortiletto a forma di emiciclo segnato al centro da un percorso pedonale che consente l’accesso dalla mura di cinta all’ingresso principale dell’edificio, il cui portale si presenta decorato da un timpano spezzato. All’interno di un ampio salone passante le murature laterali sono interrotte da sette porte laterali. Il piano terra è innalzato su cinque archi di portico diseguali e da un primo piano, corrispondente al piano terra dell’ingresso nord, caratterizzato da una regolare ripartizione forometrica, contrassegnata al centro da un’ampia apertura a tre luci con poggiolo.
Le finestre laterali a loro volta sono sormontate da piccole aperture ovali capaci di assicurare adeguata illuminazione al granaio del piano superiore. Altri valli si sviluppano ai lati estremi del fabbricato, con funzioni ausiliarie di servizio all’abitazione centrale, accessibili anche da due ingressi laterali, uno dei quali carraio. I Torta mantennero la titolarità dell’edificio per oltre un quarto di secolo, cioè fino a pochi mesi dopo la morte di Carlo, avvenuta il 23 luglio 1711. Il legame di amicizia che univa i Torta ai Mantua Benavides traeva origine dalla vicinanza di abitazioni poste tra San Bernardino e gli Eremitani, dai comuni interessi in Padova, nonché dalla confinanza dei beni degli uni con gli altri a Valle San Giorgio.
Purtroppo la morte degli ultimi maschi dell’antico casato di origine spagnola portò ad un’insanabile spaccatura tra gli eredi superstiti. Dal 1762 al 1805 una lunghissima vertenza legale interessò gli eredi. Nel 1762 la villa venne ceduta in locazione al comune rurale di Valle, incorporato in quello amministrativo e censuario di Baone nel 1810 in occasione del radicale riordino amministrativo voluto dall’autorità napoleonica, per diventare la nuova abitazione del parroco, visto che la decrepita casa canonica era da secoli dichiarata inabitabile. Carlo Rezzonico nel 1747 e Monsignor Nicolò Giustiniani nel 1762 trovarono ospitalità in villa Torta che a Valle si recarono per le visite pastorali
La signorile dimora venne subito occupata dal parroco don Antonio Maria dottor Gozzi, rimasto nella storia per avere insegnato al giovanissimo Giacomo Casanova (1725-1798) a leggere, scrivere e far di conto mentre il resto degli immobili continuò ad essere argomento di vivaci contese.
Nel luglio 1777 la villa ospitò Giacomo Casanova che fece far visita ai suo ex maestro e a sua sorella Elisabetta, detta Bettina, diventata la perpetua di Valle San Giorgio. Bettina in gioventù aveva alternato alla scuola del fratello l’insegnamento dell’arte amatoria al giovanissimo Giacomo, tanto da lasciare in lui un incancellabile ricordo che lo portò in quei giorni a ricongiungersi a lei mentre giaceva, moribonda, sul letto di morte.
Nel 1862 il comune di Baone acquistò definitivamente Villa Mantua Benavides per mantenerne l’uso a canonica di Valle, scorporandola però dal brolo antistante rimasto in proprietà ad altri. Una scelta purtroppo deleteria per l’area che in breve fu trasformata in vigneto e che più tardi venne spogliato anche della scenografica scala d’accesso. Dopo un lungo abbandono la villa è stata oggetto di un completo restauro grazie al finanziamento concesso al comune di Baone dalla Comunità Europea che si è concluso nel 1997.
